Video a 360 gradi

Video a 360 gradi, ecco i segreti del professor Hernandez

 

I Video a 360 gradi? Sono il futuro dei mojoer.

A Mojocon 2017, la mobile journalism world conference, ho avuto occasione di fare una proficua chiacchierata sui video a 360 gradi con il professor Robert Hernandez. Si tratta di uno dei più importanti innovatori mondiali della materia. Una buona parte del suo lavoro la puoi trovare qui e nella sua biografia presso la USC Annenberg, la University of Soutern California dove è professore di Digital Journalism. Con lui ho parlato di video a 360 gradi chiedendogli consigli utili per quello che penso sia una delle strade possibili per il futuro.

Il suo Journalism e i suoi percorsi.

“Posso dire che lavoro in questo campo specifico – mi ha raccontato Hernandez a Galway – da un paio d’anni. Ho iniziato con la realtà aumentata, poi ho sperimentato la produzione di contenuti editoriali anche con Google glass e con gli wearables. Come insegnamento, invece, negli ultimi due anni mi sono concentrato sull’immersive storytelling. Con i miei studenti produciamo pezzi che sono giornalistici, ma essendo in Virtual Reality abbiamo ribattezzato il nostro lavoro con il neologismo jovrnalism. Collaboriamo con il New York Times, con NPR, con Desert Sun e altri”.

I consigli del prof sui contenuti video a 360 gradi.

Come al solito ho un modo di fare molto “basic” con questi grandi interlocutori. Anche al professor Hernandez, uomo di una simpatia contagiosa, ho chiesto consigli su cosa si può fare di utile, di vendibile, di efficace per i mojo.

“Ci sono alcune cose interessanti, alcuni progetti che si possono sviluppare – mi ha risposto -, anche se tutto dipende dal budget. Se desideri sviluppare progetti low cost i prodotti come la Insta Nano 360 o la 360 Air per Android sono buone soluzioni per fare video a 360 gradi, ma anche foto. Con quelle puoi, oltre a produrre contenuti multimediali, andare anche live su Periscope, su Facebook e anche su Youtube”.

Si ma come campi? Con Thingkink

Questi contenuti certamente sono i primi passi che si possono fare dentro il mondo del video immersivo, ma di direttamente vendibile c’è poco. Sono strumenti importantissimi, tuttavia, per fare in modo che attorno a te, mojoer che li usi, si crei un interesse. L’interesse poi ti porta agganci con clienti oppure alla stessa vendita di questi tipi di contenuti o della tua professionalità. Il professor Hernandez, diciamolo, sta in un altro pianeta, ma nell’ultima parte dell’intervista poi piazza un bel colpo, un ottimo suggerimento.

“Poi c’è un’altra compagnia che si chiama “thinglink” – ha raccontato -, la quale fornisce l’infrastruttura per questo genere di cose. Devi pagare un abbonamento, ma quello che “thinglink” ti permette di fare è interessante. A qualsiasi immagine puoi aggiungere degli hotspot che ti fanno vedere altri contenuti come immagini 360 o addirittura video a 360 gradi. Il risultato è un contenuto immersivo, che, grazie a questi hotspot, “aumenta” il suo valore”. Questo è un ragionamento molto interessante.

Un esempio molto interessante di contenuto con Thinglink

Calata nella realtà, la proposizione di contenuti innovativi per la pubblicazione è un’operazione coraggiosa da fare nel mercato dei prodotti giornalistici italiano… Da qualche parte, tuttavia, si deve cominciare, quindi tanto vale farlo sfruttando i consigli di innovatori come il professor Hernandez. Ecco un esempio interessante delle potenzialità di un contenuto fatto con Thinglink:

Eccoti, invece, il video della mia intervista realizzata il 5 maggio a Galway con il professor Robert  Hernandez. “Per adesso non diventeranno mainstream”, ha detto più volte Hernandez a più interlocutori, ma io ti aggiungo soltanto una cosa. I video a 360 gradi sono il primo passo per diventare giornalisti immersivi e cominciare a “fare i conti” con un mondo che, in meno di 10 anni, potrebbe diventare il mondo di riferimento della produzione dei contenuti giornalistici.

La mia intervista a Robert Hernandez

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