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Mobile journalism: ecco i punti di riferimento per il futuro.

Mobile journalism: abbiamo bisogno di eroi.

In queste ore ho riflettuto sulla mia storia all’interno del mondo del mobile journalism e ho scoperto una cosa molto interessante: sono un alunno, non un professore. Un alunno che condivide ciò che impara e che impara da coloro che condividono. Certo, in Italia questa dichiarazione può anche far rima con la parola coglione.

La cosa non mi cruccia: il ruolo che mi sono preso nel mondo del mobile journalism è quello di chi apprende e poi divulga, di chi aiuta gli altri a conoscere nuovi mondi e nuovi modi di fare il giornalista. In questo momento gli “altri” colleghi, magari, non hanno nemmeno il tempo di alzare la testa e guardare l’orizzonte: io cerco solo di dare una mano a te e a qualcun altro, affinché possiate tutti alzare lo sguardo, se lo desiderate, per vedere cosa sta succedendo.

Con la necessità urgente che abbiamo di giornalismo vero e di qualità, ti confesso che, a mio avviso, abbiamo bisogno anche di eroi. Ho deciso di condividere anche quelli, certo che ti possano aiutare a vedere cosa succederà domani e dove devi andare. Altrimenti ti perdi, anzi, ci perdiamo.

Lo choc è che i miei maestri son tutti bambini (o quasi)

Potrei dirti che i miei maestri sono Michael Rosenblum o Ivo Burum, Glen Mulcahy o Ilicco Elia, ma effettivamente mi sbaglierei. Quelli sono i maestri che hanno fatto la storia del mobile journalism. Volendo andare più avanti sono coloro che tengono le fila del presente e lo fanno crescere. Quelli che indicano la strada per il futuro, invece, sono altri.

Yusuf Omar e la visione di #hastagourstories

Il primo che ti voglio citare, fra i miei maestri, è Yusuf Omar che, in questi giorni, sta completando il giro del mondo con il suo progetto #hashtagourstories. E’ del 1989, è nato in Inghilterra, ha studiato negli Usa, è diventato grande lavorando in Sudafrica, poi ha realizzato la più strepitosa redazione di mobile journalist del mondo, quella dell’Hindustan Times. Si è sposato con la CNN per fare l’editor di Snapchat, ma ha mollato la compagnia dopo 7 settimane per lavorare al suo progetto globale che vuole portare il mobile journalism dove non c’è.

Il suo sogno? “Informare e coinvolgere i mobile storytellers ad abbracciare la rivoluzione in atto nei media. Vogliamo creare – racconta dal suo sito – una piattaforma multicanale che parta dai mobile e arrivi ai mobile”. Un ecosistema nuovo dell’informazione: senza la tv, senza i media tradizionali, “armato” da chiunque abbia uno smartphone in mano e sappia fare della informazione corretta e di qualità”. Un visionario che la pensa come me che nell’ultimo evento pubblico ho dichiarato “Voglio un mondo pieno di giornalisti e senza editori”.

Francesco Marconi, l’italiano che cambia il mondo dei media.

Non lo conoscevo: giuro. Poi qualche giorno fa ho incontrato una sua ricerca con il future lab di Ap sull’Augmented Journalism e mi sono innamorato di lui. Francesco Marconi ha 30 anni, quindi è del 1987, è italiano, figlio di un romano e di una portoghese. E’ un genio, ha studiato ad Harvard, è fellow al Tow Center for digital Journalism e researcher al Mit Media Lab di Boston. Ti basta? Ha scritto un libro magnifico che si intitola Live Like Fiction, un libro che io ho letto in un giorno e sto rileggendo, perché è di quelli che ti cambiano la vita. Cosa fa? Si butta nel futuro dell’informazione e cerca, cerca, cerca. Per questo lo devi, ripeto, lo devi seguire. Ogni suo tweet è un distillato di domani scodellato oggi. E’ incredibile la quantità di informazioni che riesce a divulgare e la potenza con cui usa l’automation senza sembrare un robot. I suoi lavori che devi leggere negli ultimi tempi sono questi due: Aumented Reality e 3D Journalism. Dacci dentro.

Mark Little e il Netflix delle news (con un tocco di AI)

Mark Little è il fondatore di Storyful, piattaforma che aiuta le grandi organizzazioni di news a creare storie verificate dagli UGC e dai social. Già questo potrebbe tranquillamente fare di lui un fenomeno. E’ stato anche un giornalista di RTE e non credo sia un giovane come i due di cui ti ho parlato qui sopra. Dopo aver venduto Storyful a News Corp ha girellato a Twitter, ma ieri è uscito allo scoperto con i Neva Labs con i quali ha deciso di impostare una nuova media company che si interesserà di questo.

What would happen if each one of us took control of the artificial intelligence that powers our news experience? What kind of conversation would we have with our smarter ‘woke’ selves? How much more would we trust the news if it rewarded our attention rather than distracted it?

News e AI andranno a braccetto. I nuovi modelli di produzione delle news dovranno fare rima con distribuzioni delle news stesse ben diversi da quelli che abbiamo oggi. I nuovi canali saranno responsivi, adattabili a chi li usa, dedicati alla verifica della bontà delle news stesse come alla loro targettizzazione che le farà diventare come uno strumento utile e qualitativo per migliorare la nostra vita. Mark Little è pronto a creare un nuovo business secondo questi concetti, ma anche secondo un modello che potrebbe avvicinarsi a quello di un Netflix per le news, idea parecchio interessante.

Tre maestri e una maestra.

Insomma gli algoritmi che vivremo non saranno solo quelli autoreferenziali dei canali social, ma quelli che imparano dalla nostra esistenza e ci fanno recapitare nei nostri aggeggi le notizie che veramente ci servono. Certo, questo apre un dibattito senza fine sull’etica e sulla privacy, ma andiamo irrimediabilmente in quella direzione. E Mark Little è un maestro dell’argomento, assieme alla collega Aine Kerr.

Tre maestri (e una maestra) sono abbastanza, per oggi. Un’ultima nota: i maestri sono infiniti, come i sogni. Basta cercarli.


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