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Memory Mic Sennheiser: ottimo, ma con un difetto

L’acquisizione dell’audio sta cambiando il mio lavoro per sempre.

Ho iniziato a parlare dei cambiamenti nel mondo dell’audio qualche tempo fa raccontandovi di Instamic, strumento innovativo e coraggioso nel mondo dei microfoni senza fili. Continuo il discorso arricchendolo con alcune impressioni maturate sul campo, visto che dopo molti mesi di studio e ricerca (e scrittura), ho rimesso le mani sui ferri producendo storie e video per clienti istituzionali. L’audio che si acquisisce con questa generazione di microfoni senza fili sta cambiando per sempre il modo di realizzare storie e interviste.

La facilità di uso, la grande qualità del suono e il cambiamento che si sviluppa nell’interazione tra intervistatore e intervistato: grazie a questi aspetti l’uso degli apparecchi microfonici senza fili sta cambiando il modo di fare mobile journalism radicalmente. Ora l’intervista, la storia, diventa un’esperienza di vita filmata, proprio grazie all’assenza di barriere data dal fatto che chi intervista non si preoccupa più della presenza del microfono, ma si concentra sulla bellezza del dialogo e sulla qualità dello scorrere delle parole e della storia. 

Ho provato il Memory Mic sul campo: uno strumento strepitoso

Ho provato il Memory Mic della Sennheiser e l’ho trovato strepitoso nella user experience e nella qualità del prodotto. Facile, versatile, pulito, preciso: un vero gamechanger del gioco del raccontare storie. Ecco la mia recensione video con il manuale video di uso dello strumento che puoi trovare a un prezzo tra i 180 e i 200 euro in commercio. 

L’unico problema: la app

Memory Mic, quindi, è un vero crack dei microfoni senza fili, ma ha un problema. Si può usare a pieno solo con la sua app che è molto limitata e non regala una possibilità determinante al giornalista. Quale? Quella di essere padrone del controllo dell’immagine. O del video. Spero vivamente che la Sennheiser evolva la app fino a farla diventare una app professionale per il video making e l’audio making. Oppure che si integri con le classiche app di filming come Filmic Pro. Lasciando al giornalista il possesso delle caratteristiche dell’immagine. 


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