Autore: Francesco Facchini

  • Sito Web: Da Vetrina a Luogo di Incontro

    Sito Web: Da Vetrina a Luogo di Incontro

    Voglio proprio farlo: voglio cambiare questo posto.

    Voglio capire come creare un sito web. Voglio che sia un luogo in cui vivo e lavoro. Lo voglio anche come luogo in cui incontro, parlo, ascolto, apprendo e insegno. Insomma un luogo digitale che sia pieno di senso. Questo concetto del luogo digitale l’ho ripetuto molto spesso. L’ho anche immaginato molto spesso e sognato molto spesso.

    Viviamo in un’epoca nella quale i siti, i media, i social network cambiano senso molto velocemente. Molti dei luoghi virtuali che frequentiamo non hanno una vera utilità per noi e, finalmente, abbiamo iniziato ad abbandonarli. Certi social, per esempio, non li frequentiamo più perché non ci danno alcunché. Altri perché fanno schifo. Anche i siti sono posti in cui spesso stiamo lì, passivi, a scorrere le colonne senza essere davvero presenti.

    Come creare un sito web che ti faccia vivere

    Il mio sito, per esempio, è stato per molti mesi una landing page che ti raccontava di me. Una facciata… con dietro nulla. Eppure io sono molte cose. Eppure i siti che frequento spesso mi danno talmente tanto che non mi sembra solo di prendere contenuti, informazioni notizie. Mi sembra di viverci dentro.

    Per il mio nuovo progetto voglio finalmente portare dentro la mia casa digitale il mio modo di essere internauta. Voglio includere sensazioni, emozioni e sorprese su queste colonne. Intendo anche aggiungere scoperte, notizie, documenti, contenuti e riflessioni che caratterizzano il mio stare sul web. Anzi il mio essere digitale praticamente dalla testa ai piedi.

    Voglio capire come creare un sito web che ti dia l’impressione di entrare nel mio ufficio. Anzi, nella mia casa digitale. Ho intenzione di trovare metodi per incontrarti, ascoltarti, trasferirti valore.

    Le prime cose che sto pensando

    In queste ore sto provando l’interfaccia di pagamento di Jetpack. Con quella ho intenzione di creare più livelli di questa casa digitale. Naturalmente se ti darò il mio lavoro, i miei documenti, i miei corsi, i miei studi, le mie informazioni… non sarà gratis. Quindi sono già partito con i primi test sul livello premium di queste pagine.

    Qui, però, vorrei che ci vedessimo, ci incontrassimo, ci parlassimo. Con la stessa facilità con cui ci telefoniamo o ci mandiamo una mail. Desidero che tu mi possa trovare qui, spesso.

    Presto aprirò una sezione contenuti e una dedicata ai punti di incontro. Io e te, d’altronde, ci vediamo abbastanza spesso. Sui social, nel mio canale Youtube, durante le dirette, dal vivo, nel mondo fisico, in aula, in giro. Perché non vedersi anche qui?

    Vado piano e spero nella tua compagnia

    Per creare la nuova versione di questo sito web andrò piano. Molto piano…

    Cercherò di trasformare ogni passaggio del mio lavoro nella sua versione digitale e interattiva. Comincerò da un punto di incontro. Continuerò con la parte contenuti. Concluderò con la parte media. Tutto quello che faremo qui lo faremo insieme. Desidero trasformare questo sito in un luogo in cui ci incontriamo e ci scambiamo delle cose. Cose di valore. Se ti iscrivi ti incuriosirò passo dopo passo. Faremo la strada insieme.

    Cosa troverai su questo sito web

    La prima parte del cambiamento terminerà quando avrò creato una sezione “Punto d’Incontro” e una che si chiamerà “Conoscenza”. Poi ce ne sarà una che si chiamerà “Contenuti”. In queste tre sezioni troverai la possibilità di creare un’interazione diretta tra di noi. Avrai anche la possibilità di accedere a tutti i corsi. Infine, potrai guardare i miei contenuti.

    I contenuti e i corsi saranno interattivi: conterranno prove, sondaggi e test. Il punto d’incontro sarà il posto dell’interazione diretta. Per ora così: poi strada facendo troverò modi nuovi di contattarti, di interagire, di stare con te. Ti aspetto qui, per ora al lavoro su questa nuova casa digitale.

    Leggi anche:

    I social network sono luoghi digitali.

  • Crescita del canale YouTube: lezioni importanti

    Crescita del canale YouTube: lezioni importanti

    Sto sviluppando il mio canale Youtube.

    In questo ultimo periodo di lavoro sulla crescita del canale Youtube ho capito alcune cose molto interessanti. Dopo un anno di lavoro sono arrivati i primi risultati di una certa consistenza. Ti metto qui alcune riflessioni su questa spettacolare piattaforma e sul momento in cui è “cambiato tutto”. Inoltre, troverai consigli sul suo pubblico e scoprirai le strategie che devi adottare per far crescere la tua comunità.

    Una crescita seria

    Questa crescita del canale Youtube sarà seria e i contenuti più consistenti per le persone che si iscrivono. Quelli che leggerai qui sotto appunti derivati dalla mia esperienza diretta. È ciò che è realmente accaduto sul mio canale. È passato da 200 a 730 iscritti in poco tempo, tipo 3 mesi. Una crescita del canale Youtube verticale, sebbene statisticamente ancora non rilevante.

    Numeri insignificanti. Si, è vero, ma associati a una potente crescita delle visualizzazioni (ho aggiunto due zeri… ti basta?). Una specie di terremoto per una formica come me.

    Trovare la comunità del canale Youtube

    Un anno. Ci è voluto un anno di tentativi per individuare la comunità da intercettare. Per molto tempo ho parlato, sul mio canale, di argomenti che si avvicinano al mio lavoro. Smartphone, mobile content creation, social, IA: questi i mondi che affrontavo. Pensavo a un argomento, lo sviluppavo, producevo un video, pubblicavo… e passavo oltre.

    Non intercettavo una vera comunità di persone interessate alla tecnologia che ci circonda e allo smartphone, ma tanti pezzetti. Poi è arrivato un video, nemmeno dei migliori… ed è scoppiato tutto.

    Questo qui. Ho parlato dell’auto elettrica. Un argomento che non avevo mai affrontato. Il risultato? Quasi 20 mila visualizzazioni, una media di visione del video assurdamente più alta. Numeri pazzeschi per interesse, like, commenti e partecipazione. Questo era il segnale che aspettavo. Questo video è stato la sberla in faccia che mi ha fatto svegliare.

    Perché crei un canale?

    Mi sono fatto una domanda: perché ho creato questo canale? La risposta è stata semplice: voglio aiutare le persone a capire meglio la tecnologia. Voglio aiutarle a usarla meglio e a migliorarsi (nella vita e nel lavoro) grazie alla tecnologia. Vista la risposta che mi sono dato, ho capito che avevo sbagliato tutto. Ho pensato con più attenzione a quello che mi viene meglio nel mondo tech. Anche qui la risposta è stata semplice: so spiegare le cose difficili in modo facile.

    Di conseguenza ho iniziato le operazioni per cambiare orientamento, progetto editoriale, argomenti, tipologie di video.

    Canale Youtube: devi farti la Domanda

    Già, quella con la “D” maiuscola. In fondo, non mi ero mai domandato per chi stessi scrivendo. Questo fino al comparire del luminoso segnale di presenza di una vera comunità. Questa comunità aveva bisogno di me: già, sto parlando di quella che vuole sentir parlare di auto elettrica.

    È stato un momento fortunato. Fino al video che vedi su questa colonna del sito, non avevo mai parlato di auto elettrica. Allora mi sono fatto la Domanda. Si, ma per chi fai video? La risposta l’ho trovata nei dati. Su Youtube ho un pubblico superiore ai 45 anni di età. La maggior parte sono uomini. Questo pubblico si collega dopo la fine della giornata di lavoro, dalle 18 in poi. In questa fase sto attirando gente nuova e non molti dei miei iscritti tornano a farmi visita (cosa pessima).

    Insomma ho visto in faccia il mio pubblico: l’ho trovato!

    Il progetto editoriale

    Sono sceso nel mio garage (dai scherzo, non ce l’ho). Ho cominciato a martellare il mio progetto editoriale precedente fino a far uscire quello nuovo. Un progetto semplice, diretto: un progetto mio. Cosa so fare meglio? Spiegare la tecnologia in modo facile. E allora sotto!

    Ho adeguato le playlist, cambiato le info del canale, definito il suo nome, la sua home. Ho aumentato la pubblicazione di short, deciso che farò due playlist che divagano (parlerò di calcio e di Milano). Il resto sarà incentrato sullo spiegare la tecnologia che ci circonda in modo semplice. Smartphone, hardware, software, social, IA, auto elettriche, mobilità, applicazioni: ecco i miei argomenti.

    Ho imparato ad ascoltare. Questo è successo nei mesi in cui il mio canale è passato da invisibile a visibile. Prima pubblicavo quello che sembrava utile a me, ora quello che è utile agli altri. Prima non conoscevo il mio pubblico, ora lo guardo in faccia. Giorni or sono non capivo perché alcuni video tiravano altri no, ora capisco cosa può tirare e cosa no.

    Canale Youtube, le lezioni imparate

    Alla fine ti metto qui le lezioni imparate da questo momento in cui tutto è cambiato.

    • Se vuoi far crescere un canale Youtube devi partire da una comunità.
    • Se non conosci perfettamente il tuo pubblico non sai come parlare e a chi.
    • A volte i progetti semplici sono molto meglio di quelli complessi.
    • Se non leggi i dati per bene sei un cretino.
    • Se non hai il coraggio di dirti “mio caro, hai sbagliato tutto”, il tuo canale Youtube non decollerà mai. Rimarrà a terra.

    Magari son consigli che ti possono servire… fammi sapere se hai bisogno di altro.

    Leggi anche: Youtube, il più potente di tutti.

  • Come fare un podcast con l’intelligenza artificiale

    Come fare un podcast con l’intelligenza artificiale

    Nel mondo del podcasting stanno succedendo molte cose interessanti in questo 2024. Creare contenuti di questo genere è un lavoro strettamente legato all’intelligenza artificiale. Con questo articolo voglio chiarirti la mia visione sull’uso della IA quando si creano podcast. Quindi, se vuoi sapere come fare un podcast puoi iniziare da qui.

    Come fare un podcast: questione di scrittura

    Creare un podcast, lo ripeto molto spesso, è una questione molto legata alla scrittura. Non si tratta di scimmiottare la radio, cosa che in Italia succede spesso, ma di creare qualcosa di originale. Si tratta di raccontare una storia nuova (o una nota con un taglio diverso) e di farlo in modo seriale. Cioè con quel legame tra le puntate che induca l’ascoltatore a non smettere di sentire lo svolgersi delle puntate.

    Per questo motivo la scrittura è la base di ogni podcast. Per sapere come fare un podcast bisogna immaginarsi di scrivere un libro. Con i suoi capitoli, i suoi personaggi, la sua sceneggiatura, le sue sorprese. Insomma, un lavoro da ricercatori, da scrittori e poi, solo alla fine, da montatori audio.

    Il rapporto tra il podcasting e la IA dal mio canale Youtube.

    Le fasi del lavoro di un podcast

    Il lavoro del podcaster, quindi, è complesso. Ha quattro fasi: ricerca, scrittura, produzione e montaggio. Ebbene, l’intelligenza artificiale va messa in tre di queste quattro fasi. Il tutto per fare in modo che la quarta diventi migliore.

    La ricerca

    Ecco un passaggio importante per sapere come fare un podcast con l’uso della IA. La ricerca delle storie e delle fonti è un lavoro immane. Spesso finisci sepolto da pdf e libri dal numero incalcolabile di pagine. È basilare avere uno strumento che estrae il meglio dai documenti. Questo strumento ti sintetizza il meglio facendoti conoscere le cose più importanti. In pochi istanti. Di chi sto parlando? Facile: di LLM. Un esempio è Notebook LM di Google. Ha una caratteristica determinante per il podcaster. Le fonti gliele fornisci tu. Il concetto generale: strumenti come Notebook sono importantissimi per facilitarti la ricerca. Cerca quello, fra gli applicativi IA, che ritieni migliore per te.

    La produzione

    Sempre parlando di applicativi di intelligenza artificiale per sapere come fare un podcast al meglio ti dico altre due cose. Nella produzione l’IA si rivela importantissima per sbobinare i testi delle voci che raccogli. Questo ti permette di inserirli con precisione nella scrittura delle puntate.

    Poi c’è un altro campo: l’uso di voci artificiali. Piattaforme come Eleven Labs ti permettono di accedere a un mondo di voci artificiali. Per rappresentare personaggi particolari, possono essere inserite nella produzione del podcast. Il limite è solo la creatività. E’ chiaro, però, che le voci IA possono essere un elemento narrativo: lo devi considerare.

    L’editing

    Descript, Podcastle, Eleven Labs e chi più ne ha più ne metta. Pe sapere come fare un podcast in salsa IA bisogna passare da lì. Sono piattaforme che automatizzano le operazioni di montaggio facendoti guadagnare tanto tempo.

    Parlo, naturalmente, delle operazioni meccaniche come eliminare le pause troppo lunge o gli “uhm”. Una vera magia. Per non parlare poi della pulizia del suono che fa raggiungere livelli da “studio” a ogni tua registrazione.

    Infine c’è la grande opportunità delle registrazioni ad alta qualità da remoto. Piattaforme come Squad Cast raggiungono facilmente i telefonini di chiunque… ovunque. E questo arricchisce le tue possibilità di creare.

    Come fare un podcast: quello che non devi…

    Mi resta da dirti quello che non devi fare. Non devi farti sostituire in nessuna delle operazioni di qualità. La scrittura è tua, il sapere quale frase tenere di una testimonianza e quale togliere… è tuo. E tuo resta. L’intelligenza artificiale, quindi, va dappertutto tranne in tutti quei passaggi che hanno bisogno di…te. Per sapere come fare un podcast con l’IA questa è la strada.

    Se ti fa piacere te ne metto un esempio molto chiaro. E’ un podcast nel quale ho intervistato il Maestro Pupi Avati. L’ho fatto con una piattaforma che mi ha regalato, in partenza, un audio molto sporco. L’Intelligenza Artificiale mi ha aiutato a pulirlo e a regalare a tutti le splendide frasi di Avati. Ti sembra una brutta cosa? A me decisamente no.

    Leggi anche

    Mobile podcasting

  • Social network: ora sono luoghi digitali

    Social network: ora sono luoghi digitali

    Ti ricordi i social audio? Sì, sto parlando di quelle app come Clubhouse. Una app della quale mi sono interessato un paio di anni fa (qui puoi leggere un articolo in merito). Sono stati e sono tuttora un fenomeno dei social network che ha anticipato una cosa di cui ti voglio parlare. Mi riferisco al concetto di luogo digitale.

    Dei vecchi social network è rimasto ben poco

    Dei social che abbiamo conosciuto nella prima ora è rimasto ben poco. Ora sono a pagamento. Sono strumenti molto diversi tra loro. C’è il luogo del tifo politico (X). C’è il luogo delle ispirazioni (Instagram) e c’è il luogo delle storie (Facebook). C’è il luogo del lavoro (LinkedIn). Queste piattaforme hanno perso quasi tutte utenti, hanno modificato il senso, hanno cambiato faccia. I numeri non sono più quelli di due anni fa e il motivo per usarli è diventato diverso.

    Sono posti dove andiamo a cercare cose o possiamo dire delle cose. Dove, detta chiaramente, possiamo comunicare. E cosa si fa dopo aver comunicato?

    I social network e le esperienze

    Se comunichi bene arricchisci, se ti comunicano una cosa di valore sei arricchito. Visto che queste piattaforme ora le utilizziamo per cercare cose che ci servono mi viene da pensare una cosa. Cosa vogliamo dai social network? Vogliamo esperienze. Vogliamo le informazioni e le suggestioni. Alla fine di una lettura o di un video, vogliamo pensare di essere migliori di prima. Vogliamo fare l’esperienza del migliorarci.

    Queste piattaforme, quindi, sono luoghi in cui facciamo esperienze. Di tre tipi: dare valore, ricevere valore, connetterci. Ecco, allora perché parlo di luoghi? Semplice: perché per fare esperienza ci serve un luogo, uno spazio, riempito di senso.

    Il concetto del luogo digitale

    A questo punto va chiarito il concetto. Il luogo digitale è una piattaforma. A questo punto, è perfino tridimensionale con la realtà virtuale. Esso migliora il valore dell’esperienza che l’uomo compie mentre di trova al suo interno. Esempio: ho già fatto le prime esperienze su Horizon Worlds, il metaverso di Meta. Ecco, lì ho conosciuto F. di Duisburg, Germania. Mi sono emozionato, ho chiacchierato, ho scambiato sensazioni. Quando ho tolto gli Oculus ero arricchito per il momento passato dentro quella piattaforma.

    Mi sto spiegando? Ecco, per essere più chiaro ci ho fatto anche un video per il mio canale YouTube che ti metto qui.

    Il video del mio canale YouTube sui luoghi digitali.

    Anche i siti sono luoghi digitali

    Quindi ora posso dire che i social network cominciano a essere luoghi digitali e lo diventeranno anche i siti. Il mio, ad esempio, lo è già. Se noti, in basso a destra nello schermo, troverai la chat live che possiamo fare insieme. Mi riferisco a questo: se arrivi qui, puoi lasciare un messaggio sulla chat (previa registrazione) per chiedermi delle cose. Puoi dirmi che non hai capito una frase o che quello che ho scritto non è giusto. C’è di più: puoi anche dare il link di questa pagina a un amico. Puoi farlo venire qui. Poi, puoi anche discutere con lui su ciò che ho scritto.

    Social network ed esempi di luoghi digitali

    YouTube aprirà presto una community collegata a ogni canale nella quale gli iscritti discuteranno tra di loro e col creator. Non sarà anche quello un luogo digitale? Il Metaverso tornerà presto nelle nostre vite? Non si tratta, per caso, di un luogo digitale? Questa pagina del mio sito è un luogo digitale. Potete chattare in diretta in tanti. Potete chattare con me e tra di voi. Ecco, pensa a questo concetto e a questo senso dei social network: non possono essere più piattaforme dove perdi tempo. Devono essere luoghi digitali, dentro i quali vivi la tua vita. Ecco, smettila di rimbambirti e provaci.

    Il problema da affrontare è uno solo: non pensiamo i social così. Anzi. Non abbiamo proprio capito che posso essere luoghi digitali. Ci hanno insegnato a usarli in modo da farci stare passivi. E’ ora di cambiare la storia.

  • Come diventare giornalisti: ne parlo con Carlo Bartoli

    Come diventare giornalisti: ne parlo con Carlo Bartoli

    Sapere come diventare giornalisti è diventato difficile perché la professione è cambiata moltissimo. Per diventare giornalisti bisogna prima sapere come essere giornalisti oggi. Operazione non facile. Fare questa professione è una questione di tecnologia. E’ anche una questione di competenze molto diverse dal passato, come ho accennato in questo articolo.

    Il giornalismo ha futuro

    Parlare di questa professione è importante perché è un lavoro necessario per il futuro della nostra società. Per questo motivo ho chiesto una chiacchierata sul tema a chi custodisce il “come diventare giornalisti”. Sto parlando del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli. Ho appuntamento con lui il 28 settembre 2024 dalle 11. La diretta della nostra chiacchierata, nel format del mio canale YouTube “Un’ora con…”, la potrai vedere anche qui sotto.

    Se ti è più comodo vedere la nostra chiacchierata sul canale YouTube potrai vederla qui.

    La pagina che stai leggendo è per me un punto di incontro. Lo stesso vale per tutti gli altri luoghi social che riguardano il mio lavoro. Per questo motivo iscriviti al canale oppure tieni d’occhio la pagina: potrai rimanere aggiornato sul mio lavoro. Se hai domande da fare al Presidente o a me, mettile qui nei commenti. Oppure mettile nei commenti al video in diretta su YouTube.

    Una professione nuovissima

    Parlar di come diventare giornalisti è un modo per raccontarti una professione nuovissima. Si sviluppa in modi e in campi che nemmeno stai immaginando. Per poterla costruire e abbracciare nel tuo futuro, ti dico due cose. Non c’è mai stato un periodo così difficile e bello per fare i giornalisti. Ti assicuro che questo lavoro è destinato ad avere un futuro lungo e possibile.

    Costruiamolo sviluppandone temi e possibilità. C’è la possiamo fare, se procediamo insieme.

  • Diventare giornalista è questione di tecnologia

    Diventare giornalista è questione di tecnologia

    Questa cosa farà inorridire i colleghi, ma è vera: la professione del giornalista è una professione tecnica.

    Se vuoi diventare giornalista devi far pace con questo: è un lavoro che è permeato totalmente dalla tecnologia.Il mondo del giornalismo italiano brilla per arretratezza è scarsa competenza tecnica dell’universo dei media che viviamo. Nella gran parte, si tratta di un mondo di professionisti. Anche bravissimi, ci mancherebbe.

    Sono attaccati, tuttavia, a metodi vecchi e recalcitranti ad approcciare nuovi applicativi e strumenti per fare questa professione.Il giornalista in Italia oggi è ancora legato al messaggio. Questo può essere scritto, video, foto o audio. È anche legato ai criteri del giornalismo. Non si affrontano nemmeno due caratteristiche importantissime della professione oggi. L’importanza dei dati è una. L’altra è l’importanza della tecnologia e dei suoi strumenti. Perché?

    Il giornalista e i social

    Il giornalista e i social network: un rapporto perlomeno difficile. Eppure in tutto questo tempo, lo schema mentale con il quale il giornalista ha affrontato le piattaforme sociali è semplice. E alquanto stupido. Le piattaforme social sono un pericolo da evitare. La realtà, tuttavia, è un’altra: i social sono il modo con il quale le persone si informano. Ecco, le piattaforme di connessione sociale hanno tre caratteristiche. Sono strumenti tecnologici (software). Consegnano una marea di dati. Vengono fruiti dagli smartphone.

    Se si vuole diventare giornalista, l’ecosistema della professione è quello lì: software, dati, hardware. E quindi che cosa ci impedisce di pensare che la professione giornalistica sia tecnica? Niente.

    Diventare giornalista è questione di mediazione

    Non pretendo certo che la preparazione di un giornalista diventi soltanto tecnica. Non riguarda solo software, hardware, smartphone, intelligenza artificiale e strumenti di registrazione multimediali. Tuttavia, diventare giornalista resta una questione di mediazione sociale. Il problema è che la mediazione che devi saper proporre è legata ai dati. Questi dati ti vengono forniti dagli strumenti (web e app) che frequentiamo ogni giorno. Li usiamo per capire le notizie, le informazioni e creare i contenuti.

    Ti rivelo una tendenza: il lavoro dell’innovatore del giornalismo Francesco Marconi (di cui puoi leggere qui) si sta indirizzando verso la “previsione” delle notizie. Già, hai letto bene: l’intelligenza artificiale ci permetterà di prevedere una notizia prima che diventi tale. Come? Non con la magia nera… con i dati.

    Per questo sostengo questa idea: diventare giornalista è una sfida che fa rima con la tecnologia. La mia è una professione totalmente rivoluzionata dalla tecnologia. Resta una cosa: il fattore umano. Non c’è strumento artificiale che ti fa trasferire valore agli altri. Ci vuole l’umanità.

    Se vuoi approfondire il futuro del giornalismo ti confermo che il numero uno al mondo è lui: Francesco Marconi. Clicca qui per andare a curiosare nel suo sito internet.