Autore: Francesco Facchini

  • Jobpocalypse: è iniziata la rivoluzione del lavoro nell’era della IA

    Jobpocalypse: è iniziata la rivoluzione del lavoro nell’era della IA

    Jobpocalypse: cosa significa per chi si riqualifica.

    Tempo di lettura: 17 minuti.

    Il 41% dei leader aziendali globali afferma che l’intelligenza artificiale sta consentendo riduzioni dirette del personale nelle loro organizzazioni. Non si tratta di previsioni o scenari futuri: è quello che sta accadendo ora, nel 2025.

    Secondo il recente report “Evolving Together: AI, automation and building the skilled workforce of the future pubblicato dal British Standards Institution (BSI), basato su interviste a oltre 850 leader aziendali in 8 paesi, stiamo vivendo quella che viene definita “jobpocalypse”: un collasso sistemico del modello tradizionale di ingresso nel mondo del lavoro.

    Ma cosa significa davvero questo fenomeno? E soprattutto: come possono orientarsi i professionisti che stanno investendo nella riqualificazione?

    I numeri della jobpocalypse: cosa dice la ricerca BSI 2025

    Il British Standards Institution (l’ente certificatore nazionale inglese, l’equivalente del nostro Rina) ha condotto un’indagine su 853 business leader in 8 paesi (Cina, Giappone, Australia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e India) tra agosto 2025, analizzando anche i report annuali di 123 aziende attraverso strumenti di analisi AI.

    Le riduzioni di personale sono già in atto

    I numeri parlano chiaro:

    • 41% dei leader afferma che l’IA sta consentendo riduzioni dirette del personale
    • 50% dichiara esplicitamente che l’AI sta aiutando a ridurre il numero di dipendenti
    • 18% delle aziende investe in IA specificamente per ridurre il personale

    Come è cambiato il processo decisionale aziendale

    La vera rivoluzione sta nel modo in cui le aziende pensano al lavoro:

    • 31% delle organizzazioni oggi esplora soluzioni AI prima di considerare l’assunzione di persone
    • 40% prevede che questo diventerà la norma entro 5 anni
    • 61% investe in IA principalmente per aumentare produttività ed efficienza
    • 49% per ridurre i costi operativi

    Per decenni il paradigma è stato: “Il lavoro lo fanno le persone, le macchine aiutano”. Oggi si sta invertendo: “Il lavoro lo fanno i sistemi AI, le persone intervengono quando necessario”.

    Questo non è solo un cambiamento operativo, ma un cambiamento nel modo stesso di pensare il lavoro.

    L’impatto devastante sui ruoli entry-level

    Il dato più allarmante riguarda i lavori entry-level, quelli tradizionalmente destinati a chi inizia la carriera:

    • 39% delle aziende ha già ridotto o eliminato posizioni junior grazie all’IA
    • 43% prevede ulteriori tagli nei prossimi 12 mesi
    • 55% dei leader ritiene che i benefici dell’IA compensino le disruzioni sulla forza lavoro

    Quali paesi sono più colpiti?

    L’India guida questa trasformazione con il 50% delle aziende che hanno ridotto ruoli junior. Seguono Australia (57% dichiara che l’AI aiuta a ridurre il personale a livello junior) e Cina (61% prevede riduzioni future). In Italia e in Europa, il fenomeno è in crescita ma ancora meno aggressivo rispetto all’Asia-Pacifico.

    Chi colpisce davvero: la “Generation Jaded”

    Il report BSI introduce un termine nuovo e inquietante: “Generation Jaded” – dall’acronimo “Jobs Automated, Dreams Eroded” (lavori automatizzati, sogni erosi).

    Si riferisce a quella generazione che:

    1. Ha già subito disruzioni nella formazione scolastica a causa del Covid-19
    2. Si trova ora di fronte a un mercato del lavoro che elimina proprio i ruoli pensati per chi inizia
    3. Rischia di non sviluppare mai le competenze che si acquisivano attraverso l’esperienza entry-level

    L’ammissione dei manager: “Siamo stati fortunati”

    I dati più significativi vengono proprio dai leader che oggi prendono queste decisioni:

    • 56% dichiara di essere stato “fortunato” ad aver iniziato la carriera prima che l’IA trasformasse il proprio settore
    • 43% ammette che non avrebbe sviluppato le competenze attuali se l’IA fosse stata disponibile all’inizio della carriera
    • 28% si aspetta che il proprio ruolo attuale non esisterà più entro il 2030

    È come se avessero salito una scala e poi, una volta arrivati in cima, avessero tolto il primo gradino dietro di loro.

    Il pericolo della “skills latency”

    Il report evidenzia un pericolo strutturale: la latency delle competenze – un ritardo generazionale nello sviluppo delle capacità professionali.

    Se un’intera generazione non ha accesso ai ruoli formativi entry-level, chi ricoprirà i ruoli senior tra 10-15 anni? Come si formeranno i futuri manager se non potranno fare esperienza sul campo?

    Le aziende stanno ottimizzando per l’efficienza di oggi, ma stanno creando un problema di talento per il domani.

    Perché sta succedendo: il paradosso dello spazio formativo

    Le mansioni entry-level che l’IA sta eliminando non erano solo “lavoro produttivo”. Erano spazio formativo – il luogo dove si imparava a lavorare.

    Cosa si imparava nei ruoli entry-level

    I primi lavori insegnavano competenze che nessuna scuola o università può dare:

    • Gestire il tempo quando hai troppe cose da fare
    • Comunicare in modo efficace in contesti professionali
    • Capire come funzionano davvero le dinamiche aziendali
    • Riconoscere le priorità vere da quelle apparenti
    • Reggere lo stress e la pressione
    • Imparare a sbagliare e correggersi
    • Costruire relazioni professionali
    • Navigare la politica aziendale

    L’IA può fare ricerche, compilare report, gestire agende, rispondere a email routine. Ma non può insegnare queste meta-competenze che si sviluppano solo attraverso l’esperienza vissuta.

    L’analisi dei report aziendali rivela le priorità

    Un dato significativo emerge dall’analisi AI dei 123 report annuali esaminati dal BSI: il termine “automation” è citato quasi 7 volte più frequentemente di “upskilling”, “training” o “education”.

    Le aziende comunicano l’IA principalmente come:

    • Driver di innovazione
    • Vantaggio competitivo
    • Strumento di efficienza

    Con molto meno enfasi su:

    • Implicazioni sulla forza lavoro
    • Investimenti in capitale umano
    • Preparazione dei dipendenti al futuro

    Solo il 34% delle aziende intervistate ha un programma di formazione strutturato per preparare i dipendenti all’uso dell’IA. In Giappone questa percentuale scende al 16%, mentre in India sale al 64%.

    La visione di Stuart Russell: “Dovremo diventare bravi a essere umani”

    Stuart Russell è professore di Computer Science a UC Berkeley, direttore del Center for Human-Compatible Artificial Intelligence, e autore del manuale universitario più usato al mondo per studiare IA.

    Nel suo libro “Human Compatible: Artificial Intelligence and the Problem of Control” (2019 – a questo link trovi l’edizione italiana che si intitola “Compatibile con l’uomo“), Russell pone una domanda fondamentale: cosa succede quando le macchine possono fare la maggior parte del lavoro produttivo?

    La sua risposta cambia prospettiva

    “Forse le generazioni future si chiederanno perché mai ci siamo preoccupati di una cosa tanto futile come il ‘lavoro’. Nel caso in cui questo mutato atteggiamento tardasse ad arrivare, la maggior parte delle persone sarà impegnata a fornire servizi interpersonali che possono essere offerti – o che preferiamo siano offerti – soltanto dagli esseri umani. Vale a dire che se non possiamo più fornire un lavoro fisico e mentale di routine possiamo comunque fornire la nostra umanità. Dovremo diventare bravi a essere umani.”

    Cosa significa concretamente

    Russell non sta facendo retorica. Sta identificando una categoria specifica di competenze che l’IA non può replicare:

    Servizi che richiedono umanità autentica:

    • Empatia vera (non simulata)
    • Giudizio morale in contesti complessi
    • Interpretazione di situazioni ambigue
    • Costruzione di relazioni di fiducia duratura
    • Creatività contestuale e laterale
    • Capacità di dare senso alle esperienze umane

    Russell sottolinea che le persone non vogliono solo essere efficienti. Vogliono sentire che il loro lavoro ha senso, crea valore relazionale, richiede impegno significativo.

    La jobpocalypse non è quindi solo una crisi economica del mercato del lavoro. È una crisi antropologica: ci costringe a ridefinire cosa rende il lavoro umano insostituibile.

    Se ti stai riqualificando, hai già un vantaggio competitivo

    Ecco una buona notizia: se sei un professionista che sta investendo nella riqualificazione, hai un vantaggio competitivo fondamentale rispetto alla Generation Jaded.

    Cosa hai già che non può essere replicato

    Hai già attraversato la fase formativa entry-level – Conosci cosa significa lavorare in un’organizzazione reale

    Possiedi le meta-competenze che si acquisiscono solo attraverso l’esperienza diretta

    Sai come funzionano le dinamiche organizzative – Capisci la politica aziendale, le gerarchie, le relazioni

    Hai esperienza nel gestire stress, deadline, conflitti – Sai come reagire quando le cose non vanno come previsto

    Hai costruito resilienza professionale – Hai fatto errori, hai imparato, ti sei adattato

    Il problema (e la soluzione)

    Il problema: Queste competenze da sole non bastano più nel mercato attuale che richiede anche expertise tecnica avanzata.

    La soluzione: Integrare competenze verticali specialistiche con l’esperienza orizzontale già acquisita. Questa combinazione – esperienza umana profonda + competenze tecniche – è esattamente quello che il mercato cerca e che l’IA da sola non può fornire.

    Le 4 competenze chiave da sviluppare per il futuro

    1. Problem Solving Complesso e Non Strutturato

    Cosa significa: Affrontare problemi senza regole predefinite, gestire l’ambiguità, applicare creatività laterale, interpretare situazioni senza precedenti.

    Perché l’IA non può farlo: L’intelligenza artificiale eccelle nei compiti ben definiti con obiettivi chiari e misurabili. Ma fallisce quando:

    • Il problema stesso è ambiguo o mal definito
    • Non esistono dataset storici di riferimento
    • Serve interpretazione contestuale profonda
    • L’obiettivo stesso deve essere negoziato

    Come svilupparla:

    • Esponiti a problemi complessi multi-variabile
    • Pratica il pensiero sistemico
    • Studia casi aziendali ambigui senza soluzione univoca
    • Allenati a formulare buone domande, non solo a trovare risposte
    • Lavora su progetti interdisciplinari

    2. Pensiero Critico e Valutazione dell’Output IA

    Cosa significa: Riconoscere quando l’IA “sta allucinando” (inventando informazioni plausibili ma false), identificare bias negli algoritmi, validare l’accuratezza dei risultati, comprendere i limiti dei modelli.

    Perché è cruciale adesso: Il report BSI mostra che solo il 34% delle aziende ha programmi di formazione per l’uso critico dell’IA. C’è un enorme gap di competenze nella supervisione dei sistemi AI. Chi sa fare questo diventa indispensabile.

    Come svilupparla:

    • Studia come funzionano i modelli di IA (almeno a livello concettuale)
    • Pratica prompt engineering consapevole e strutturato
    • Impara a verificare le fonti citate dall’IA
    • Confronta output di diversi modelli sulla stessa richiesta
    • Documenta quando l’IA è affidabile e quando no
    • Studia casi di fallimenti dell’IA

    3. Competenze Relazionali e Comunicative Avanzate

    Cosa significa: Negoziazione in contesti complessi, mediazione di conflitti interpersonali, costruzione di fiducia duratura, lettura delle dinamiche non dette, gestione emotiva di situazioni critiche.

    Perché l’IA non può sostituirle: L’IA può simulare empatia nelle risposte, ma:

    • Non può essere veramente empatica
    • Non comprende autenticamente le emozioni umane
    • Non può costruire relazioni basate su esperienza condivisa
    • Non ha storia personale da cui attingere
    • Non può leggere il linguaggio del corpo e il contesto fisico

    Queste sono esattamente le competenze che Russell chiama “essere bravi a essere umani”.

    Come svilupparle:

    • Formazione specifica in comunicazione efficace e non violenta
    • Pratica costante di ascolto attivo
    • Studio di psicologia organizzativa e delle dinamiche di gruppo
    • Esercizio deliberato di intelligenza emotiva
    • Mentoring e coaching reciproco
    • Esposizione a situazioni di conflitto gestito

    4. Capacità di Apprendimento Continuo (Meta-learning)

    Cosa significa: Imparare a imparare, adattarsi velocemente a nuove tecnologie e paradigmi, riconoscere cosa non si sa, cercare attivamente nuove conoscenze, aggiornare continuamente il proprio skillset.

    Perché è il vero discrimine: Il mercato del lavoro cambierà più volte nel corso della tua carriera. Le tecnologie che impari oggi potrebbero essere obsolete tra 5 anni. La competenza più importante non è cosa sai oggi, ma quanto velocemente puoi imparare domani.

    Come svilupparla:

    • Costruisci abitudini di apprendimento quotidiano (anche 30 minuti al giorno)
    • Diversifica le fonti di conoscenza (libri, corsi, podcast, pratica)
    • Pratica il “learning by doing” sistematico
    • Rifletti sul tuo processo di apprendimento (cosa funziona per te?)
    • Esci regolarmente dalla comfort zone cognitiva
    • Insegna ad altri ciò che impari (consolida l’apprendimento)

    Il ruolo dell’AI Act europeo: perché la supervisione umana è obbligatoria (e cosa significa per te)

    Il principio di “meaningful human oversight”

    Sia l’AI Act europeo (Regolamento UE 2024/1689) che la Legge italiana n. 132/2025 sull’intelligenza artificiale stabiliscono un principio fondamentale: i sistemi IA ad alto rischio devono rimanere sotto supervisione umana significativa.

    Cosa significa “supervisione umana significativa”:

    1. Un essere umano qualificato deve poter comprendere cosa fa il sistema IA
    2. Deve poter valutare criticamente l’output prodotto
    3. Deve poter intervenire, modificare o annullare decisioni
    4. Deve avere le competenze necessarie per farlo efficacemente

    Questo non è un suggerimento: è un obbligo legale.

    Quali sistemi richiedono supervisione umana

    L’AI Act classifica come “ad alto rischio” i sistemi usati in:

    • Gestione delle risorse umane (assunzioni, valutazioni prestazioni, licenziamenti)
    • Accesso a servizi essenziali (credito, assicurazioni, servizi sanitari)
    • Forze dell’ordine e amministrazione della giustizia
    • Gestione di infrastrutture critiche
    • Istruzione e formazione professionale

    In tutti questi contesti, non può esserci automazione totale. La legge richiede sempre un professionista umano qualificato che supervisioni.

    Opportunità professionali create dalla normativa

    La normativa crea una domanda strutturale e crescente di professionisti capaci di:

    Nuovi ruoli professionali richiesti:

    • AI Governance Officer: Garantire conformità normativa aziendale
    • AI Ethics Specialist: Valutare implicazioni etiche e identificare bias
    • AI Auditor: Verificare accuratezza, sicurezza e conformità dei sistemi
    • Human-in-the-Loop Supervisor: Supervisionare decisioni critiche in tempo reale
    • AI Impact Assessor: Valutare impatti su diritti fondamentali e privacy
    • AI Training Specialist: Formare le organizzazioni all’uso critico dell’IA

    Questi non sono lavori del futuro. Sono lavori che servono adesso e che cresceranno esponenzialmente nei prossimi 3-5 anni.

    La certificazione ISO/IEC 42001

    Il British Standards Institution (lo stesso che ha prodotto il report sulla jobpocalypse) offre la ISO/IEC 42001 – il primo standard internazionale per i sistemi di gestione dell’IA.

    Questa certificazione prepara le organizzazioni a:

    • Utilizzare l’IA in modo responsabile e conforme
    • Gestire rischi e garantire trasparenza
    • Implementare supervisione umana efficace
    • Documentare processi decisionali

    Per i professionisti: Conoscere questi standard, anche a livello base, è un vantaggio competitivo significativo nel mercato del lavoro italiano ed europeo.

    Strategia pratica: il framework per la riqualificazione efficace

    FASE 1 – Autovalutazione realistica

    Cosa fare:

    • Identifica le tue competenze trasversali già acquisite (esperienza, soft skills)
    • Riconosci onestamente i gap tecnici da colmare
    • Comprendi dove il tuo settore specifico sta andando
    • Analizza quali competenze richiede il mercato oggi

    Strumenti:

    • Analisi dei job posting nel tuo settore
    • Conversazioni con professionisti già riposizionati
    • Studio dei trend di settore (report, ricerche)
    • Assessment professionale delle competenze

    FASE 2 – Specializzazione tecnica mirata

    Cosa fare:

    • Scegli un’area tecnica specifica da approfondire (non cercare di imparare tutto)
    • Sviluppa competenze di supervisione e valutazione critica dell’IA
    • Studia il quadro normativo (AI Act, ISO 42001, GDPR in relazione all’IA)
    • Costruisci progetti pratici che dimostrano le competenze

    Focus consigliati per l’Italia:

    • Conformità AI Act per PMI italiane
    • IA nel settore manifatturiero (Industry 4.0)
    • IA nei servizi professionali (legal tech, consulting)
    • IA nella sanità (rispettando normative sanitarie)

    FASE 3 – Integrazione esperienza + tecnica

    Cosa fare:

    • Combina expertise tecnica nuova con esperienza umana consolidata
    • Posizionati esplicitamente come “governatore di sistemi IA”
    • Costruisci un portfolio che dimostri entrambe le dimensioni
    • Comunica il tuo valore unico (esperienza + competenza tecnica)

    Come comunicarlo: “Ho 15 anni di esperienza in [settore] + competenze certificate in AI governance = posso supervisionare efficacemente l’implementazione di sistemi IA garantendo conformità e risultati di business”

    FASE 4 – Sistema di apprendimento continuo

    Cosa fare:

    • Crea abitudini di aggiornamento costante (es. 30 min/giorno)
    • Diversifica fonti e tipologie di apprendimento
    • Mantieni flessibilità cognitiva attraverso esposizione a nuovi ambiti
    • Costruisci una rete professionale che condivide conoscenza

    Sistema pratico:

    • Lunedì: Lettura report e ricerche di settore
    • Martedì/Giovedì: Pratica tecnica (coding, tool IA, ecc.)
    • Mercoledì: Approfondimento normativo/etico
    • Venerdì: Riflessione e consolidamento
    • Weekend: Progetti personali e sperimentazione

    Conclusioni: la riqualificazione non è un’opzione, è la risposta strategica

    La jobpocalypse è reale e presente

    I dati del report BSI 2025 non lasciano spazio a dubbi:

    • ✅ Il 41% delle aziende globali usa l’IA per ridurre personale
    • ✅ Il 39% ha già tagliato ruoli entry-level
    • ✅ Il 43% prevede ulteriori tagli entro la fine del 2025
    • ✅ La Generation Jaded rischia un gap formativo generazionale senza precedenti
    • ✅ Il 56% dei manager ammette di essere stato “fortunato” a iniziare prima dell’IA

    Ma i professionisti esperti hanno carte vincenti

    Se ti stai riqualificando, hai vantaggi che la nuova generazione non può ottenere:

    1. Esperienza umana già consolidata attraverso anni di lavoro reale
    2. Meta-competenze sviluppate sul campo (gestione stress, politica aziendale, dinamiche relazionali)
    3. Capacità di integrare tecnica e saggezza organizzativa
    4. Posizionamento ideale per ruoli di supervisione IA richiesti dalla normativa europea

    Il messaggio di Stuart Russell

    “Dovremo diventare bravi a essere umani.”

    Questa non è una frase poetica. È una strategia concreta: sviluppa le competenze che l’IA non può replicare – giudizio contestuale, empatia autentica, creatività laterale, costruzione di relazioni, responsabilità morale.

    La tua prossima azione

    La jobpocalypse non elimina il lavoro umano. Elimina il lavoro ripetitivo, procedurale, senza giudizio contestuale.

    Rimane – e diventa più centrale – il lavoro che richiede:

    • Umanità autentica
    • Interpretazione del senso
    • Giudizio in condizioni di incertezza
    • Responsabilità morale
    • Costruzione di relazioni di fiducia

    Se stai investendo nella tua riqualificazione, stai facendo esattamente la cosa giusta al momento giusto.

    Non è un percorso facile. Richiede impegno, tempo, energie, a volte sacrifici. Ma i dati mostrano che è l’unica risposta strategica efficace a un mercato del lavoro che sta cambiando in modo irreversibile.

    La domanda non è più “se” riqualificarsi, ma “come” farlo nel modo più efficace possibile.


    Domande frequenti sulla jobpocalypse

    Cosa significa esattamente “jobpocalypse”?

    Jobpocalypse è il termine coniato dal British Standards Institution per descrivere il collasso del modello tradizionale di ingresso nel mondo del lavoro causato dall’automazione tramite intelligenza artificiale. Il 41% delle aziende globali sta usando l’IA per ridurre direttamente il personale, con un impatto particolare sui ruoli entry-level (-39% già tagliati).

    Quali settori sono più colpiti in Italia?

    In Italia, come nel resto d’Europa, i settori più esposti sono: servizi finanziari (50% ha ridotto ruoli junior), retail (32% ha tagliato posizioni entry-level), e servizi professionali. Il settore manifatturiero (built environment) è quello meno impattato finora (25%), ma l’automazione sta accelerando con Industry 4.0.

    Come posso sapere se il mio lavoro è a rischio?

    Poniti queste domande: (1) Il mio lavoro comporta principalmente compiti ripetitivi o procedure standardizzate? (2) Potrebbe essere descritto come un insieme di regole chiare? (3) Non richiede giudizio contestuale complesso o relazioni interpersonali profonde? Se hai risposto sì a tutte e tre, il rischio è alto. Ma ricorda: non è il lavoro che sparisce, è il tipo di lavoro che cambia.

    L’AI Act mi protegge dalla disoccupazione?

    L’AI Act non impedisce l’automazione, ma richiede supervisione umana qualificata per i sistemi ad alto rischio. Questo crea nuove opportunità professionali per chi sviluppa competenze di governance, supervisione critica e valutazione etica dell’IA. Non protegge i lavori esistenti, ma crea nuovi lavori per chi si riqualifica.

    Quanto tempo serve per riqualificarsi efficacemente?

    Dipende dal gap da colmare e dall’intensità dell’impegno. Un percorso serio richiede generalmente 6-18 mesi di formazione strutturata (10-15 ore settimanali) per acquisire competenze tecniche di base + comprensione normativa + capacità di supervisione IA. Ma l’apprendimento continuo deve diventare permanente: il mercato continuerà a cambiare.

    Ha senso riqualificarsi se ho più di 50 anni?

    Assolutamente sì. Anzi, hai un vantaggio: l’esperienza professionale consolidata che hai accumulato è esattamente ciò che manca alla Generation Jaded e che l’IA non può replicare. Integrando competenze tecniche con la tua esperienza umana, diventi un profilo molto ricercato per ruoli di supervisione, governance e implementazione responsabile dell’IA.


    Fonti e risorse:

    • British Standards Institution, “Evolving Together: AI, automation and building the skilled workforce of the future” (2025)
    • Stuart Russell, “Human Compatible: Artificial Intelligence and the Problem of Control” (2019)
    • Regolamento UE 2024/1689 (AI Act)
    • Legge italiana n. 132/2025 sull’intelligenza artificiale
    • ISO/IEC 42001 – Sistema di gestione dell’IA


    Tempo di lettura: 17 minuti. Creato con l’aiuto di Claude.ai al termine di un’approfondita ricerca sull’argomento. Il testo è stato vistato da me in ogni sua riga.

  • Prompt engineering: il prompt tester per i miei studenti

    Prompt engineering: il prompt tester per i miei studenti

    Prompt engineering, parte tutto da lì

    Nei percorsi didattici che propongo ai miei studenti succedono cose bellissime. I corsi di “Strumenti e fondamenti di IA in ambito lavorativo” che sto tenendo includono molte fasi pratiche. I corsi prevedono esercizi concreti. In un momento di laboratorio di questi giorni abbiamo svolto esercizi di ingegneria del prompt (il prompt engineering, appunto). Mi è venuta un’idea…

    Insegnando alcune tecniche ho redatto assieme a un gruppo di discenti un progetto di un semplice tester dei prompt. Una elementare web app che possa servire a tutti per raffinare il modo di parlare con l’intelligenza artificiale.

    Qui sotto trovi ciò che è uscito da questo piccolo momento creativo in un normale passaggio pratico. Buon divertimento! Fammi sapere nei coommenti a questo articolo se ti è utile.

    Prompt Tester – Fondamenti di IA

    Prompt Tester Didattico

    Componi il tuo prompt compilando le sezioni qui sotto per un’analisi dettagliata.

    Analisi del Prompt

    Ecco la valutazione di ogni componente, con un punteggio di efficacia da 1 a 10. Usa i consigli per migliorarlo.

    Copia il tuo prompt per poterlo poi inserire in una nuova valutazione nel momento in cui vorrai effettuare ulteriori correzioni per migliorare l’efficacia dello stesso.

    Punteggio Totale

    0 / 10

    Editor del Prompt

    Modifica le sezioni del tuo prompt basandoti sui consigli ricevuti e testa la nuova versione.

  • Protetto: AI Act, strumento di analisi della compliance

    Protetto: AI Act, strumento di analisi della compliance

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  • L’importanza della cultura digitale nell’era dell’intelligenza artificiale

    L’importanza della cultura digitale nell’era dell’intelligenza artificiale

    Key points dell’articolo

    • L’intelligenza artificiale è ormai parte integrante della vita quotidiana e del lavoro.
    • La vera sfida non è l’uso degli strumenti, ma la costruzione di una cultura digitale che metta al centro l’essere umano.
    • Il prompt engineering rappresenta una nuova alfabetizzazione necessaria per dialogare con l’IA.
    • L’IA libera tempo, aumenta la qualità del lavoro e stimola creatività e conoscenza.
    • Trattare l’IA come gadget limita il suo potenziale: serve consapevolezza individuale e organizzativa.
    • Promuovere una cultura dell’IA nelle aziende porta a risultati collettivi straordinari.
    • Anche i social, i siti e tutto il web stanno cambiando senso e uso. Vanno capiti e imparati.
    • L’uso consapevole e responsabile è la chiave per non perdere l’unicità umana.

    Viviamo in un momento storico. L’intelligenza artificiale non è più soltanto un argomento di ricerca. Non è più solo una suggestione da fantascienza. È entrata nelle nostre vite quotidiane, trasformando il lavoro, la comunicazione, la creatività e persino la nostra organizzazione personale. Capire come funziona e come interagire con questi strumenti non è un lusso: è una competenza necessaria.

    Oltre la tecnologia: la cultura digitale

    Parlare di intelligenza artificiale significa parlare di cultura digitale. Non basta usare uno strumento. Serve comprendere il linguaggio che lo governa. È importante capire le logiche che lo muovono. Bisogna conoscere i principi che ne determinano l’impatto. Questo approccio culturale permette di mantenere al centro la persona e non la macchina. È la differenza tra subire la tecnologia e guidarla.

    Il linguaggio dell’IA come nuova alfabetizzazione

    Un anno e mezzo di studio mi ha insegnato che l’IA richiede una vera alfabetizzazione. Il prompt engineering, per esempio, non è solo tecnica: è il modo con cui impariamo a dialogare con i sistemi. Capire come formulare una richiesta è fondamentale. Costruire un contesto efficace è essenziale. Gestire un flusso di informazioni significa possedere la chiave per trasformare l’IA in un alleato di pensiero e di creatività.

    Efficienza e nuove possibilità

    Uno degli effetti più evidenti dell’IA è l’aumento dell’efficienza. I tempi di lavoro sono dimezzati. La qualità è raddoppiata. La produttività cresce senza sforzo apparente. Ma il vero valore non è solo nella velocità: è nello spazio che si libera. Tempo per pensare, per immaginare, per approfondire. L’IA diventa così un acceleratore di idee e di conoscenza.

    Un laboratorio di creatività

    Grazie all’IA, oggi possiamo costruire software, applicativi, flussi di lavoro e contenuti in modi prima impensabili. È come avere un laboratorio infinito, un garage pieno di attrezzi sempre disponibili. Questo arsenale creativo stimola il cervello a lavorare in maniera più intensa. Ogni problema diventa un’opportunità di progettazione.

    Lavoratori e IA: dal gadget alla competenza

    Spesso utilizziamo gli strumenti di intelligenza artificiale come fossero gadget. Li usiamo come piccole scorciatoie per risolvere problemi quotidiani, anche al lavoro. Lo facciamo spesso senza che la nostra azienda lo sappia o se ne renda conto. Questa abitudine, però, limita le potenzialità reali dell’IA. Se fossimo tutti dotati di una solida cultura digitale, potremmo trasformare il nostro modo di lavorare. Avendo competenze adeguate di prompt engineering, riusciremmo a utilizzare meglio gli strumenti. Una consapevolezza diffusa dell’uso corretto degli strumenti professionali ci aiuterebbe.

    Cultura organizzativa e valore collettivo

    Il passo successivo è portare questa consapevolezza dentro le organizzazioni. Promuovere una corretta cultura dell’IA a livello aziendale significa generare risultati straordinari: processi più efficienti, innovazione continua, collaborazioni più agili. Invece, oggi, troppo spesso ci fermiamo a “giocare” con ChatGPT e ci arrabbiamo se non risponde come vorremmo. È un approccio che riduce l’IA a passatempo. L’intelligenza artificiale potrebbe essere un motore di trasformazione profonda se guidato da formazione e cultura condivisa.

    Social, web e nuovi modi d’uso

    Allargando la visione oltre l’IA, anche i social network e il web hanno profondamente cambiato il loro senso. Non sono più soltanto vetrine o mezzi di intrattenimento. Sono piattaforme di connessione e di interazione tra le persone. Includono strumenti che possono accompagnarci nell’evoluzione come individui, lavoratori e progettisti del nostro futuro. Tuttavia, questo cambiamento richiede un nuovo approccio culturale. Abbiamo bisogno di un diverso “modo d’uso”. Dobbiamo tornare protagonisti dopo anni passati a subire la logica di queste piattaforme.

    La responsabilità di un uso consapevole

    C’è però un punto cruciale: la responsabilità. L’IA è uno strumento straordinario, ma va gestito con equilibrio. Quando supporta, libera energie e migliora la vita. Quando sostituisce, rischia di spersonalizzare. È qui che la cultura digitale diventa indispensabile: sapere integrare l’IA mantenendo salda la centralità dell’essere umano.

    Conclusione

    La cultura digitale è il vero motore di questa trasformazione. Non si tratta di inseguire la tecnologia, ma di imparare a conviverci con intelligenza, senso critico e creatività. Solo così l’IA diventa un alleato e non una minaccia.

    Viviamo in un mondo in cui l’intelligenza artificiale cresce di giorno in giorno. La cultura digitale non è più un optional. Essa è la condizione necessaria per costruire futuro e qualità della vita.

  • L’AI ACT spiegato facile: una nuova cultura è in arrivo

    L’AI ACT spiegato facile: una nuova cultura è in arrivo

    Pensavo fosse una legge europea burocratica, soffocante e negativa. Su questo AI ACT mi sbagliavo di grosso.

    L’AI Act è potente e coraggioso. È anche lungimirante. Mi fa pensare di essere fortunato a vivere in Europa. Questo è particolarmente vero in questi periodi di cambiamenti così “violenti” nel mondo delle macchine.

    Questo testo legislativo è il primo regolamento europeo completo dedicato all’intelligenza artificiale: è la prima legge quadro al mondo. È entrato in vigore il 1° agosto 2024 e diventerà pienamente applicabile nei prossimi anni, con un calendario graduale. Molti l’hanno considerata una norma complessa. In realtà, dopo un’analisi più attenta, è una legge ben scritta, con un grande valore sociale e culturale. Non solo regola la tecnologia, ma aiuta i cittadini a convivere con l’IA costruendo fiducia.

    Che cos’è l’AI Act e chi riguarda

    Il regolamento si applica sia a chi sviluppa sistemi di intelligenza Chi deve rispettare l’AI Act

    In pratica, devono adeguarsi tutte le organizzazioni che sviluppano, distribuiscono o utilizzano sistemi di IA in contesto professionale. Rientrano quindi:

    • le grandi aziende tecnologiche che creano piattaforme e modelli;
    • le PMI che adottano l’IA nei propri processi produttivi e di servizio;
    • le pubbliche amministrazioni che usano algoritmi in settori sensibili come giustizia, sanità o welfare;
    • le istituzioni di ricerca e le università quando sviluppano soluzioni applicabili sul mercato;
    • le multinazionali fuori dall’UE che offrono servizi a utenti europei.

    L’AI Act stabilisce così un perimetro ampio. Chiunque usi l’intelligenza artificiale per interagire con cittadini o mercati europei è tenuto a rispettarne i principi e le regole.

    Il sistema dei rischi: 4 livelli chiave

    Il cuore dell’AI Act è la classificazione per rischio, che consente regole proporzionate:

    1. Rischio inaccettabile → pratiche vietate (es. social scoring di massa, manipolazione inconscia).
    2. Alto rischio → settori critici (sanità, giustizia, lavoro, istruzione, infrastrutture): requisiti stringenti, supervisione umana e valutazioni di impatto.
    3. Rischio limitatoobblighi di trasparenza (chatbot e deepfake devono dichiararsi come IA).
    4. Rischio minimo o nullo → usi quotidiani senza obblighi particolari.

    Questa impostazione ha un forte valore sociale: proteggere i cittadini senza soffocare l’innovazione.

    Obblighi per aziende e PA: documenti e controlli

    Per dimostrare conformità, le organizzazioni devono adottare un vero sistema di gestione dell’IA. Gli strumenti principali:

    • AI Policy con principi, ruoli e responsabilità.
    • Registro dei sistemi IA utilizzati e finalità associate.
    • Valutazioni dei rischi e, ove richiesto, analisi di impatto sui diritti fondamentali.
    • Tracciabilità e monitoraggio: log delle attività, registri degli incidenti, audit trail.
    • Procedure di supervisione umana per il corretto utilizzo.

    Non è burocrazia fine a sé stessa: sono prove di controllo, trasparenza e responsabilità.

    AIMS (ISO/IEC 42001): il sistema di gestione dell’IA

    L’Artificial Intelligence Management System (AIMS), definito dallo standard ISO/IEC 42001, introduce un ciclo di pianificazione, attuazione, verifica e miglioramento continuo (PDCA). L’AIMS:

    • integra l’IA nei processi aziendali esistenti;
    • struttura controlli e responsabilità;
    • facilita la dimostrazione della conformità all’AI Act.

    Formazione e AI literacy: un dovere per tutti

    L’AI Act rende centrale la formazione. Ogni lavoratore, dal management all’operativo, deve acquisire AI literacy:

    • cos’è l’intelligenza artificiale;
    • quali rischi e limiti comporta;
    • come usarla in modo sicuro e responsabile.

    Ruoli e responsabilità in azienda

    Per garantire la compliance, le organizzazioni dovranno nominare figure precise:

    • Responsabili della policy IA e della conformità.
    • Manager dell’AIMS (implementazione, monitoraggio, miglioramento).
    • Referenti per la sicurezza e la protezione dei dati.

    I lavoratori concorrono attivamente in diversi modi. Devono rispettare le policy. Non devono introdurre software non autorizzati. Devono segnalare anomalie. Inoltre, devono distinguere sempre l’uso professionale da quello personale degli strumenti IA.

    Perché l’AI Act è una buona legge

    Pur non essendo perfetto, l’AI Act introduce un approccio nuovo:

    • regole proporzionate basate sul rischio;
    • alfabetizzazione digitale come leva di fiducia;
    • responsabilità condivisa tra organizzazioni e persone.

    Più che punire, la legge educa. L’obiettivo è una società che non subisce la tecnologia, ma la comprende e la governa.

    Conclusione

    L’AI Act segna un passaggio storico: dall’entusiasmo incontrollato verso l’IA a una convivenza regolata, sicura e responsabile. Per aziende e PA la sfida è trasformare l’obbligo normativo in vantaggio competitivo e culturale.

    In definitiva, questa legge non è solo un quadro normativo. È un invito a introdurre una nuova cultura dell’intelligenza artificiale nelle organizzazioni. È una cultura che supporta le imprese, le istituzioni e i lavoratori. Li aiuta a costruire ogni giorno il loro futuro con maggiore consapevolezza, sicurezza e visione.

  • Che cos’è la shadow AI?

    Che cos’è la shadow AI?

    Shadow AI: come l’IA non gestita sta silenziosamente trafugando i dati aziendali

    La Shadow AI è l’adozione non autorizzata di strumenti generativi da parte dei dipendenti, al di fuori dei canali IT. Questo fenomeno crescente rappresenta una minaccia invisibile che può portare a fuga di dati sensibili, violazioni legali e compromissione reputazionale.

    Questo articolo risponde in modo chiaro alle principali domande – che cos’è, quali rischi comporta, come difendersi – e allo stesso tempo propone soluzioni concrete.

    Il video integrato alla fine rappresenta la testimonianza visiva ed esperta del problema: guardarlo è fondamentale per comprenderne le dinamiche reali.

    Se non fai attenzione, la shadow AI ti danneggia

    La Shadow AI è la versione IA della Shadow IT: l’uso di applicazioni IA esterne (chatbot generativi, tool di scrittura, AI per coding) da parte dei collaboratori senza alcuna autorizzazione ufficiale o governance aziendale.


    1. Perché è un problema

    ➤ Fuga di dati sensibili

    I prompt possono includere codici, dettagli di clienti, strategie interne. Una volta inviati su piattaforme esterne, i dati escono dal controllo aziendale e possono essere usati per training o archiviazione indefinita.

    ➤ Rischi di compliance e legali

    Il trattamento non autorizzato di dati personali o strategici viola normative come il GDPR e può esporre l’azienda a sanzioni fino al 7% del fatturato.

    ➤ Decisioni influenzate da modelli non verificati

    Quando le intelligenze artificiali esterne supportano i processi decisionali, come la selezione delle risorse e l’analisi di mercato, possono emergere bias, errori e una mancanza di tracciabilità.

    ➤ Vulnerabilità tecnica e costi nascosti

    Gli strati Shadow AI bypassano i controlli di sicurezza tradizionali: spesso non compaiono in log aziendali, consumano licenze e risorse cloud sconosciute.

    ➤ Danni reputazionali

    Contenuti generati da tool non verificati possono essere errati o fuorvianti, compromettendo credibilità interna ed esterna.


    2. Perché preoccuparsene ora

    L’adozione degli strumenti generativi è esplosa: molte aziende non hanno idea di quanti dipendenti usino AI esterne quotidianamente.


    3. Come difendersi

    ✅ Discovery e inventario strumenti IA

    Usa piattaforme tipo Defender for Cloud Apps o Obsidian Security per individuare ogni applicazione IA in uso e classificarla in base al rischio.

    ✅ Policy chiare e classificazione dati

    Definisci una Acceptable AI Use Policy che stabilisca quali dati non devono mai essere inseriti in strumenti IA esterni.

    ✅ Monitoraggio e controllo in tempo reale

    Integra sistemi di controllo e strumenti di proxying per bloccare o flaggare l’invio di informazione sensibile verso tool non approvati.

    ✅ Formazione mirata

    Educa i collaboratori sui rischi concreti: mostra esempi reali di fughe dati, insegna come anonimizzare input e indirizzare le richieste verso tool interni sicuri.

    ✅ Alternative sicure e governance dei modelli

    Adotta soluzioni enterprise o open‑source (es. LLaMA, Gemini, modelli internamente hostati), integrabili con policy d’uso e controllo sugli output

    La Shadow AI non è un’invenzione teorica: è un problema concreto in azienda. La velocità di adozione dei tool generativi supera la capacità di governance attuale. Ignorare il fenomeno può portare a perdite di dati, multe legali e compromissione della reputazione.


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    Se vuoi capire come utilizzare correttamente l’IA nella tua azienda e come essere in regola con le nuove normative che stanno entrando in vigore in questi mesi, iscriviti al workshop gratuito che trovi qui sotto. Ci vediamo il 19 settembre 2025 e ne parliamo insieme e se partecipi potrai anche chiedermi una call gratuita personalizzata per comprendere insieme a che punto siete, tu o la tua organizzazione, con l’implementazione corretta dell’IA nei processi di lavoro in modo confacente ai dettami delle leggi europee e italiane sulla materia.